martedì 19 maggio 2009

[Galileo] La Devozione del Sospettato X - Yougisha X no Kenshin



すべての現象には必ず理由がある
Subete no genshou ni wa kanarazu riyuu ga aru

Ogni persona ha un modo differente e, senza prenderla con malizia da intellettuali, egoistico di interpretare la realtà. Quello che ci sembra istintivo, ovvero riflettere sugli eventi come se facessero parte di un'ombra che ci avvolge e relegarli interamente alla nostra sfera personale, non è altro che il mezzo cosciente (difficilmente possono essere considerate riflessioni inconsapevoli) per normalizzare, rendere vivibile un'esistenza. Non molto tempo fa si credeva (sarebbe ingenuo pensare che non lo si faccia tuttora) che filosofia e scienza unite non avrebbero fatto che isterilire il terreno dei rapporti umani riconducendoli alle dinamiche dello scambio favorevole e della necessità, il tutto condito da un razionalismo estremo. In realtà un pensiero del genere nasconde semplicemente una scusa. L'errore sarebbe qualcosa di irragionevole, estraneo alla macchina umana proprio in virtù di una interpretazione positivistica e, senza bisogno di esempi, assolutamente priva di fondamenti concreti del senso di giustizia, concetto diventato una sorta di pietra lapidaria. E allora si punta il dito sull'ignoranza, sulla cattiveria, come se la percezione del male fosse sempre presente ma esterna alla natura umana. Come se l'azione in sé derivasse da una defezione, un allontanamento da propositi virtuosi. Ma in questo non c'è nulla di scientifico, difficile persino trovare anche una sola spiegazione teologica (non ci tengo e sono dell'opinione che sia la situazione a generare una reazione, indipendentemente dalla solidità morale e dalle ideologie -intese come concezioni della realtà, di cosa è più o meno ammissibile). Quando si analizza un evento extra-ordinario, che interessi la sfera personale o delle proprie conoscenze, si presentano solitamente queste possibilità: minimizzare la portata dell'evento stesso, soprattutto se traumatico, come se non ci riguardasse; affrontarlo come se fosse indispensabile, ed inevitabile, superarlo (indipendentemente dalla sua comprensione); fermarsi a riflettere e conficcarsi un paletto nel cuore quando si arriva alla soluzione.


"Per ogni fenomeno esiste necessariamente una causa", o meglio una motivazione. Potrebbe dirlo chiunque e non ci sarebbe nulla da eccepire. Se non fosse che una regola che vale invariabilmente per qualsiasi fenomeno meccanicistico (compresi alcuni rapporti interpersonali e le reazioni istintive) non può che descrivere marginalmente, per sommi capi, tutto quello che passa nella testa di una persona. Esistono cause evidenti e comprensibili e cause latenti e assurde. Nell'insieme delle latenti e assurde rientrano tutte le scelte personali autolesive (per quanto umanissime -chi ha già visto il film avrà capito a cosa mi riferisco). Per dare un'immagine di quello che intendo: è come se, volgendo le spalle alla realtà, si osservassero le cose attraverso uno specchio pensando di trovarsele di fronte. La differenza sta nell'approccio. Lo specchio è il conforto del malato (come in un racconto di Kawabata) che vive in fuzione delle immagini che vi si riflettono. Qualcuno la definirebbe una vita passiva. Può essere. Ma trovarne una che non dipenda da un artificio immaginativo (speranze, promesse, progetti, rassegnazione) sarebbe come scoprire che la salvezza  (non il "morto buono, quindi..." tie', scongiuro -intendo l'aver fatto qualcosa di rilevante o aver lasciato una traccia nella vita di qualcun altro) dipende da qualche divinità. Impensabile.
Metto dei serci su questo per dare degli spunti di riflessione (anche malati, eh -sono abituato ai viaggi mentali). Del film si può dire qualsiasi cosa tranne che sia banale: la tematica del sacrificio ha qualcosa di religioso ma è slegata da una reprimenda morale; l'errore umano esiste, viene calcolato, analizzato, spiegato e punito ma con dispiacere; si tenta quella minimizzazione dettata dagli affetti ma la verità è carogna e non perdona mai. Alla fine lo specchio si rompe.


Quando Mary Shelley (o il marito per lei -non andiamo a ravanare nei letti dei defunti) scrisse Frankenstein non aveva solo in mente di proporre l'orrore dei romanzi gotici dell'epoca (anche, ma non era quello il suo scopo), quanto di evidenziare cosa fa dell'animale uomo un essere umano: la "curiosità" e la necessità di indagare le cause (del mostro totalmente umano che cerca il senso della sua esistenza anche attraverso la lettura). Nel racconto si risolve tutto in maniera tragica, perché la conoscenza è un macigno legato al collo (alcuni diranno che ci sono libri che sono macigni senza avere nulla a che vedere con la conoscenza -si possono sempre usare come armi di distruzione di massa o per fare pesi). La verità pura e canaglia è presente molto poco nella realtà, anche perché di solito si fa prima a cambiare vestito (o trucco) che a risolvere le questioni; o ci si carica di responsabilità non proprie pensando di fare la cosa giusta, salvo poi rendersi conto che è stato inutile. Un argomento reso in maniera più efficace in ambito teatrale (Ibsen) e cinematografico (il Fritz Lang di M -la frase finale della madre), ma che normalmente poco interessa (tranne nelle sue manifestazioni morbose).



Rivedendo la scena (la migliore secondo me) di Ishigami (parlo ancora a chi il film l'ha già visto) che immagina sulle pareti della cella il problema dei quattro colori credo che uno debba avere in mente il senso della diversità reale (quella alla quale Yukawa non vuole arrendersi, facendo  prima spallucce e poi quasi allontanandosi dal proposito di cercare la verità): che "regioni adiacenti non devono avere lo stesso colore" può non fregarcene assolutamente nulla  e sembrare una nerdata da matematico, se non fosse che l'enunciato del teorema/problema descrive perfettamente lo stato in cui i protagonisti si trovano. La vicinanza di Ishigami con la venditrice di bentou, Hanaoka, da immaginata diviene effettiva solo per cause fortuite. Il fatto che sia una vicinanza funzionale e inscindibile da una particolare situazione non la rende duratura. Lo stesso vale per l'amicizia tra Ishigami e Yukawa, c'è una separazione di intenti: da una parte il gesto (non quello di costituirsi, quello impensabile) dell'uomo razionale, dall'altra il tentativo della ragione di piegarsi al sentimento (e di considerare apriori inconcepibile che un proprio amico abbia... etc etc).  Ma in questo caso è la diversità che rende possibile la vicinanza. Non la diversità fisica (quella invidiata da Ishigami), ma  quella che fa comprendere lo stato psicologico dell'altro (l'avrebbe potuto di Ishigami durante la tormenta e le perplessità di Yukawa nella risoluzione positiva della vicenda -il "perché sei un amico" e il discorso con Utsumi nel laboratorio). Non sono spiegazioni scontate. L'atteggiamento di Ishigami poi è riassunto a perfezione dalla strofa della canzone finale (bravo Masaharu, credo l'abbia scritta lui) in cui si dice "Aisanakute ii kara, tooku de mimamottete" (che ho tradotto "Puoi anche non amarmi, basta che mi osservi da lontano"): una condizione che penso chiunque vorrebbe evitare se ama qualcun altro, ma che chiarisce come vada interpretato il gesto (di devozione e dedizione -alla persona e ai propri sentimenti verso quella persona- finanche all'esclusione della felicità). Difficilmente si rinuncerebbe coscientemente ai propri interessi per un altro, è per questo che in un mio precedente commento avevo scritto che le relazioni sono egoistiche. Anche questa lo è ma non perché 1) lei non capisce finché non ha letto la lettera, 2) lui si assume interamente la colpa e, a tal fine, crea  un'immagine negativa di sé che condizioni lo stato d'animo (inde credibilità -per quello che lo stesso Yukawa dice a Yasuko) di lei; ma perché è fondata sull'assunto di lei che le attenzioni di lui siano morbose (impressione indotta dalla precedente esperienza matrimoniale e anche dal "piano") e sull'assunto di lui che esistano vite utili alla bisogna (il "per proteggerle, hai..." e il "come orologi..." in riferimento ai senzatetto). L'egoismo sta nel servirsi degli altri, applicando una propria "giustizia sociale" e, ripeto, non c'è nulla che può autorizzare una tale presa di posizione. E' solo per questo che il film ha avuto un certo finale: non per equilibrare il torto ma per separare la pianificazione razionale di un omicidio (della serie "pericoloso lo stupido, peggiore il genio") dal sentimento che c'è e commuove. Poi uno può definirlo amore o gratitudine, poco importa. Forse la scelta di aprire il film con l'esperimento sul principio di conservazione dell'energia -attenzione, qua mi è partito il cervello- voleva anticipare il trasferimento dell'intento suic... omissis omissis... così da leggere tutto come il completamento del principio stesso (una vita andava sacrificata -non sono della stessa opinione morale ed è un forse).


Dopo il sermone che potrebbe farmi diventare Papa (o Papi) all'istante, meglio passare alla trama.
Le basi sono le stesse della serie e dello special. Il professore associato del Dipartimento di Fisica dell'università Teito, Yukawa Manabu (interpretato da Fukuyama Masaharu) si trova coinvolto nelle indagini che la detective Utsumi Kaoru (interpretata da Shibasaki Kou) e il detective Kusanagi Shunpei (il sempre all'altezza Kitamura Kazuki) devono svolgere per accertare la verità su un misterioso e particolarmente violento caso di omicidio. La vittima è stata trovata nuda, con segni di strangolamento, faccia fracassata, polpastrelli bruciati in un parco di Oomori. A differenza della serie,  pensiamo di sapere in partenza chi cosa quando come ma non perché e siamo già fuori strada. La parte investigativa ha rilevanza solo in relazione all'atteggiamento maschilista nei confronti di Utsumi (il commissario stronzo che la tratta come una cameriera per il fatto che è l'unica donna -non rappresenta una situazione improbabile) e per dare risalto alla recitazione di Kitamura e ad alcune scene (i cadaveri recitano sempre bene). Per il resto si può dire che non sia un film di genere (ovvero investigativo). E' piuttosto un dramma, senza risate larghe (ad eccezione della fissa del professore per la bellezza e tutta la spiegazione dello sdoppiamento -ipotesi per assurdo) in cui le parti fondamentali sono quelle dei coprotagonisti (entrambi candidati nella 32esima edizione dei Japan Academy Awards -non fosse stato che ha vinto praticamente tutto e giustamente Okuribito): il timido e solitario professore di matematica, Ishigami Tetsuya (interpretato dallo spettacolare Tsutsumi Shin'ichi), e la venditrice di bentou, Hanaoka Yasuko (interpretata da Matsuyuki Yasuko -già grandiosa in DMC e Suna no Utsuwa- che qui dà il suo meglio). I due vivono in appartamenti vicini di un condominio (di quelli a due piani con le scalette -tipo motel): lui è una persona schiva, "marginale" (non si evidenzia), preso solo dai numeri e dalle scalate; lei è una donna sola con figlia che ha abbandonato la vita odiosa con il marito ed è riuscita a realizzare il sogno di gestire un suo negozio. La storia prende una brutta piega dalla ricomparsa del classico "ex marito impenitente che ce riprova sempre" e li coinvolge in maniera inaspettata (e insperabilmente vista la reazione del matematico): una scena in cui le attrici, nei ruoli di madre e figlia, hanno dato molto (tra capocciata alla trave, volo sul pavimento e strangolamento).
Senza raccontare troppo nel dettaglio, la storia prosegue abbastanza speditamente alternando scene di concitazione (quella descritta, l'uccisione che ricorda, non a caso -impressione mia-, quella in Suna no Utsuwa -sul tentativo di rendere irriconoscibile il corpo- e quella interna della montagna -lo sguardo assassino) a scene di perfezione registica (le telefonate, la dissolvenza nella cucina di lei, tutta la parte dall'apertura della lettera alla fine del discorso in laboratorio con Utsumi, la scena finale -prima della panchina). Unici effetti speciali l'esplosione (se tiravano una palla di cannone usciva il fungo atomico) e il "doppelgänger" (la parte più divertente).
Il fatto che il regista (Nishitani Hiroshi -lo stesso di alcune puntate della serie, 1-2-6) abbia puntato su una forma di narrazione atipica (che riesce anche ostica quando si cerca di far capire il senso di "Quello che sembra un problema di geometria nasconde in realtà un problema di analisi" a chi di certe cose odia solo il sentirne parlare) pare aver dato i suoi frutti. Il risultato è quel risvolto inquietante che non avevo previsto (dato che nella serie appare tutto fin troppo chiaro subito -le differenze con il film sono lampanti), pensando che il sacrificio consista nell'assunzione di responsabilità quando in realtà... come si dice "Perché parlarne se non ha attinenza con il caso?". Se uno riflettesse su ogni parola detta impazzirebbe. Ma è nel tralasciare le cose insignificanti che si perde di vista il succo dell'amaro calice che mi sono scolato abbondantemente (e più volte).


"Tra il creare un problema che nessuno è in grado di risolvere e il risolvere lo stesso problema, qual è la cosa più difficile?" 
La storia sembrerebbe girare intorno a questa domanda, se per difficoltà si intende anche quella di accettare le conseguenze della scelta. In questo senso sia chi pone il problema (Ishigami) che chi tenta di risolverlo (Yukawa) si vengono a trovare in strade senza vie di uscita: che ci sia da parte dell'uno accettazione passiva e da parte dell'altro amarezza (e delusione) non cambia nulla. Se il fisico avesse negato la realtà sarebbe andato contro i suoi principi, se il matematico si fosse comportato diversamente avrebbe reso vani tutti i suoi sforzi per garantire serenità alle persone che voleva proteggere. Il percorso più semplice è anche quello più complicato da trovare ma la difficoltà vera sta nell'immaginare i motivi che portano a scegliere il percorso più frastagliato (e pericoloso). La semplificazione delle leggi che descrivono i fenomeni è inevitabile e utile per spiegarli ma non considera gli eccessi della ragione: è per questo che lo "scambio" del film, in quelle determinate condizioni, con quella volontà precisa, rappresenta la scelta più astrusa solo per chi il problema si trova a doverlo risolvere. E per risolverlo non può fare altro che cambiare la propria prospettiva, ammettere l'inammissibile e valutare gli svantaggi che questo ragionamento comporta. Non uno scontro tra persone, tra intelligenze, ma tra quello che si ritiene giusto e la verità, senza neanche la consolazione di un premio minore.

Un film che non dovrebbe lasciare indifferenti: storia non banale, recitazioni anche notevoli (Tsutsumi e la Matsuyuki li adoro, anche i "nostri" della serie -Maya!!!- e pure la ragazzina -ma non in veste di Papi sia chiaro, ne basta e avanza uno in Italia), regia 8/9.

Non fossilizzatevi sui concetti di amicizia e amore, non andate alla ricerca angosciosa di tracce che facciano presagire intrallazzi finali perché la parte più inquietante e significativa riguarda la considerazione umana. Buona visione!



Informazioni generali

Titolo originale: 容疑者Xの献身 - Yougisha X no Kenshin
Titolo italiano: La Devozione del Sospettato X

Il film, basato sull'omonimo romanzo di Higashino Keigo, è uscito nelle sale giapponesi il giorno 4 ottobre 2008, in contemporanea con la messa in onda televisiva dello special. 

Regia: Nishitani Hiroshi 
Cast: Fukuyama Masaharu (nel ruolo del professor Yukawa Manabu -alias "Henjin Galileo", Galileo lo strambo), Shibasaki Kou (nel ruolo della detective Utsumi Kaoru), Tsutsumi Shin'ichi (nel ruolo di Ishigami Tetsuya), Matsuyuki Yasuko (nel ruolo di Hanaoka Yasuko), Kitamura Kazuki (nel ruolo del detective Kusanagi Shunpei), Kanazawa Miho (nel ruolo di Hanaoka Misato), Watanabe Ikkei (nel ruolo dell'assistente Kuribayashi Hiromi), Maya Miki (mitica -nel ruolo del medico legale Jounouchi Sakurako), Shinagawa Hiroshi (nel ruolo di Yuge Shiro), Dankan (Iizuka Minoru nel ruolo di Kudou Kuniaki), Nagatsuka Keishi (nel ruolo di Togashi Shinji). 
Guests: Ishizaka Koji (il grande Azuma-sensei di Shiroi Kyoto nel ruolo di Arizono Fumio -spero di aver messo la lettura giusta dei kanji), Hayashi Yasufumi (nel ruolo di Kagimoto), Masuoka Tooru (nel ruolo del commissario Katsuragi Shujiro). 

Premi e riconoscimenti: premio "Popolarità" ai Japanese Academy Awards; premio come miglior attore non protagonista agli Hochi Eiga Shou (Hochi Film Awards) per Tsutsumi Shin'ichi; condidature come miglior film, miglior attrice non protagonista (Matsuyuki Yasuko, in corsa anche per DMC) e miglior attore non protagonista (Tsutsumi Shin'ichi, in corsa anche come miglior attore protagonista per Climber's High) ai Japanese Academy Awards; candidatura per il miglior attore non protagonista (sempre Tsutsumi) agli Asian Film Awards.

Torrent e link diretto:

La Devozione del Sospettato X - Yougisha X no Kenshin

Magnet link (in caso di server non funzionante)


Lingua: Giapponese (audio)
Sottotitoli: Italiano
Formato video: Avi (xvid codec)
Risoluzione: 640x272
Dimensione: 999.78 MB
Durata:
2:08:17 h:min:sec

Traduzione dall'inglese:
Radicchio F.S.
Timing: Radicchio F.S.
Styling: Radicchio F.S.
Encoding: Radicchio F.S.



Regia: 9   Storia: 9   Recitazione: 10   Musiche: 9



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